La storia

La cittadina ha avuto origine tra il VII e il VI secolo a.C., come documentano diversi reperti archeologici venuti alla luce durante gli scavi, effettuati nel 1990 in località Figliarino, per la costruzione di una struttura pubblica.
Si ritiene che i reperti siano appartenuti ad una modesta borgata della vicina città di Suèssola, denominata Novae, nei cui pressi nel 269 a.C. passò la via Consolare Appia, costruita dai romani nel 311-312 a.C., in piena seconda guerra sannitica, ad esclusivo scopo militare.
Nelle vicinanze di Novae la consolare evidenziò una “Mutatio”, conosciuta con il nome “Ad Novas”, dove i corrieri, i tabellari ed i magistrati, in viaggio da e per Roma, potevano sostare ed effettuare il cambio di cavalli stanchi con altri freschi ed efficienti.
La locale “Mutatio” assunse con il tempo particolare importanza in quanto era la prima che s’incontrava, dopo quella di Capua, per chi veniva da Roma.
Terminata la funzione di via militare, l’Appia venne aperta al traffico pubblico e, per soddisfare le esigenze dei viaggiatori e degli abitanti, la Mutatio e l’abitato di Novae si arricchirono di nuove case e di locali di ristoro.
Il nuovo borgo venne chiamato “Vicus Novanensis” (cioè Vico di Novae) come risulta dalla base onoraria di L.P. Felicissimo custodita nel Museo Archeologico di Napoli.

Una delle poche iscrizioni rinvenute. È posta sul muro della facciata est della villa Puoti in piazza Roma

Con l’avvento dei barbari, il Vicus fu distrutto e gli abitanti, sparsi sulle colline, si radunarono nella Corte del Figliarino e nella Corte di Rosciano (quest’ultima già sede di una villa rustica romana) realizzate, in base ad un editto di Rotari, come entità di persone fisiche e di beni riuniti a scopo di ripopolamento, di difesa e di produzione.
Le due corti, unitamente alle altre della valle, con l’avvento dei Normanni (XI-XII sec.) vennero incluse nel Feudo della Terra Murata di Arienzo.
Con l’avvento degli Angioini (sec. XII-XVI) il feudo fu assegnato a Guglielmo Stendardo i cui eredi lo tennero fino al 1527 per passare poi ai Montalto e quindi ai Carafa di Maddaloni che lo ressero fino al decennio Francese, quando furono abolite le Università (Feudi).
Nel ‘500 il Figliarino e Santa Maria erano i borghi più popolosi e cercarono invano di staccarsi da Arienzo, fatto questo che avvenne solo nella metà del XVIII secolo quando i due borghi formarono l’Università Autonoma retta da un Eletto (figura corrispondente all’attuale Sindaco).
Durante il decennio francese (1806-1815) l’Università di Figliarino e Santa Maria fu abolita e trasformata in Comune dipendente dal circondario di Arienzo e dal distretto di Nola.
Santa Maria a Vico ebbe sotto gli Aragonesi notevole sviluppo come piazza commerciale dell’Italia meridionale grazie al privilegio concesso da Federico d’Aragona, il 5 giugno 1498, del Mastro Mercato, all’epoca ristretto alle sole città di Bari, Cosenza, Lucera, Reggio e Taranto.

Cappella del SS. Rosario: pala d’altare di Teodoro d’Errico detto il “Fiammingo”